RIM, il segreto del suo insuccesso – Wired.it

Quando parliamo di RIM abbiamo in mente un’azienda che fa fatto la storia recente della telefonia: quei piccoli computer dalle linee inconfondibili e la tastiera mignon hanno contribuito a definire il concetto di smartphone in un’epoca in cui il termine quasi non esisteva ancora. Ma dal 1999, anno di fondazione della compagnia, è passata molta acqua sotto i ponti, RIM produce ancora i suoi BlackBerry, ma la sua posizione è decisamente più barcollante, complice anche la concorrenza di Android e iPhone: alcuni ex dirigenti (forse con il dente avvelenato) hanno deciso di confessarsi a Boy Genius Report e svelare al celebre blog i perché di uno stato di crisi mistica che dura da troppo tempo.
 
La maggior parte delle testimonianze (rigorosamente anonime) raccolte da BGR raccontano di un’età dell’oro contrapposta al progressivo sfacelo degli ultimi cinque anni – o perlomeno, i delatori la vedono così e non si fanno scrupoli a metterla giù dura. Niente mezzi termini: tra scelte anacronistiche e decisioni di marketing suicide, le responsabilità di molti fail del gruppo canadese, secondo gli ex pezzi grossi, sono da imputarsi agli storici co-CEO Mike Lazaridis e Jim Balsillie.
 
Il primo in particolar modo è accusato di una politica troppo immobilista. Si racconta che ancora nel 2005 osteggiasse qualunque tipo di aggiunta alla vecchia formula del BB che aprisse ai trend emergenti dettati dalla concorrenza: “Non ci sarà mai un BlackBerry con un lettore MP3 o una fotocamera”. Il governo e le imprese erano i maggiori clienti di RIM già all’epoca e Lazaridis era convinto che troppi orpelli non aiutassero le vendite in quegli ambiti. Discorso analogo per i nomi dei dispositivi: se fino a poco tempo fa i BB erano identificati solo dal numero di modello, è stato perché secondo Lazaridis “Un BlackBerry con un nome proprio sarebbe ridicolo”. Salvo poi ritrattare tutto quattro anni dopo.
 
Miopia nei confronti del mercato, assenza di strategie a lungo termine, scarsa attenzione alla ricerca e sviluppo: alcuni raccontano di un Lazaridis talmente orgoglioso di come i browser BB fossero ottimizzati per flussi di dati esigui da essersi fissato sull’idea che dovessero rimanere scarni ed essenziali. Anche in un periodo in cui i dispositivi concorrenti e le tariffe dati vantaggiose iniziavano a offrire un’esperienza web sempre più vicina a quella desktop.
 
Scelte “conservatrici”, come vengono definite da una delle fonti, che non sono quasi mai state contrastate adeguatamente dal co-CEO Jim Balsillie nonostante gli scontri e i litigi leggendari con il socio, avvenuti spesso, si narra, nel quartier generale RIM sotto gli occhi dei dipendenti.

Insomma, stando all’articolo tirerebbe una brutta aria a Waterloo, da un po’ di anni a questa parte. Le testimonianze raccolte da BGR spaziano da cattive scelte strategiche a questioni di carattere e personali dei due CEO, che, dopo aver creato dal nulla un punto di riferimento come RIM, ora devono rimboccarsi le maniche per riportare l’impero agli antichi fasti.